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Loma, l’inquietudine dell’uomo e della macchina

Il trio indie texano torna con un terzo album dove natura e algoritmi convivono...

Il catalogo dell’etichetta americana Sub Pop è ricco di delicati tesori indie rock. Tra questi tesori troviamo i Loma, composti da Emily Cross, Dan Duszynski (suo ex marito con cui ha formato il duo Cross Records) e Jonathan Meiburg degli Shearwater, band per i cui hanno aperto durante il loro tour. Il trio registra dal 2017, utilizzando una strumentazione basilare, formando patchwork composti da field recording, world beat, art rock e folktronica. In Don’t Shy Away, il loro secondo album, si possono sentire i pappagalli che cantano nel loro ranch in mezzo alla musica prodotta da koto, clarinetto e glockenspiel.

Dopo la pubblicazione di Don’t Shy Away nel 2020, la pandemia si è trasformata in un periodo di vagabondaggio per la band, che cercò di comporre a distanza, ognuno da un paese diverso, prima di gettare la spugna. Jonathan Meiburg andò in Germania per scrivere un libro sull’Antartide e la cantante Emily Cross si trasferì sulla costa meridionale dell’Inghilterra, dove ha iniziato a lavorare come “Thana Doula”, ovvero una donna che accompagna le persone alla fine della loro vita. È stato nella fatiscente casa in cui lavora, un ex falegnameria di bare (una delle quali è stata persino utilizzata come cabina vocale) che si sono incontrati nuovamente per registrare l’intero How Will I Live Without a Body, utilizzando qualsiasi risorsa riuscissero a trovare in loco.

I paesaggi del Dorset, il suo mare, la sua fauna, le sue rovine (il trio ha anche registrato in una cappella abbandonata del XII secolo), il canto degli uccelli, i fischi e i latrati si mescolano alle percussioni (Arrythmia), la pioggia si mischia con i fiati (Affinity) e le onde di Chesil Beach cullano gli otto minuti di Broken Doorbell. Nonostante alcuni violini inquietanti e ribelli (I Swallowed a Stone), la calma pervade questo album molto organico e intriso di melodie di pianoforte, dove il puro strumentale (Dark Trio) si scontra con la voce spettrale di Emily Cross, con le ballate folk (Turnaround) o con l’ambient contemplativo (A Steady Mind).

Dopo Brian Eno (ospite in un brano del loro precedente album), è stata l’avanguardista Laurie Anderson ad aggiungere il suo tocco, anche con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Jonathan Meiburg le ha inviato una foto del suo libro e l’AI ha risposto con due poesie. “Ne abbiamo usato degli estratti in alcune canzoni”, racconta. “E poi Dan ha notato che uno dei suoi versi, ‘Come vivrei senza un corpo’, sarebbe stato un titolo perfetto”. Perfetto e un po’ inquietante per un algoritmo. Concepito da uomo e macchina, How Will I Live Without a Body? si rivela un’opera sensibile e dal fascino senza tempo. Potrebbe essere questo il futuro della musica?