I movimenti femministi contemporanei hanno visto la diffusione di azioni volte a restituire alla storia le grandi figure femminili che sono state dimenticate o ignorate troppo a lungo. Un movimento che attraversa tutte le discipline: politica, scienza, educazione... e naturalmente il mondo dell’arte, soprattutto quello della musica. Anche se a volte alcuni album non sono una sincera proposta artistica ma una forma di marketing opportunistico, in una buona parte dei casi questa ricerca della conoscenza riporta alla luce una serie di favolosi talenti e repertori che prima ci erano sconosciuti.
Destinées, il primo album da solista di Sophie de Bardonnèche, è una di quelle deliziose perle così rare. Bisogna riconoscere che negli ultimi anni la violinista ha avuto modo di affermarsi, in particolare con Le Consort, l’ensemble da camera che ha co-fondato nel 2015 e le cui registrazioni sono state costantemente elogiate dalla stampa specializzata. Infatti, alcuni dei membri di Le Consort la accompagnano in questo album, dedicato alle compositrici barocche: squadra vincente non si cambia.
Nel suo recital di quasi 1h10, la Bardonnèche riunisce una figura relativamente nota, Elisabeth Jacquet de La Guerre (1665-1729), con altre meno conosciute ma altrettanto ammirevoli: Elisabeth-Louise Papavoine, Mademoiselle Laurent, Françoise-Charlotte de Menetou e molte altre. Se è vero che Jacquet de La Guerreè stata una delle prime donne in Francia ad essere riconosciuta per le sue composizioni e non solo per il suo talento di interprete, Bardonnèche sottolinea giustamente che è stata anche una delle prime a importare dall’Italia un formato di composizione che poneva il violino nel ruolo di solista, un ruolo fino ad allora specificamente limitato ai brani di danza. Inoltre, le pratiche dell’epoca, che non facevano distinzione tra insegnamento, esecuzione e composizione, suggeriscono che anche altre musiciste raccolsero la sfida della scrittura musicale. Anche se non tutte ebbero un destino (che il titolo dell’album richiama) così fiammeggiante come quello di Jacquet de La Guerre, esse meritano ancora oggi tutta la nostra attenzione.
Il fulcro di quest’opera sono le due Sonate per violino e clavicembalo in Re e in La minore, con la loro struggente malinconia melodica. L’ensemble raggiunge un equilibrio sonoro ammirevole in due estratti danzanti dal Concerto di Mademoiselle Laurent, l’Ouverture e la Gigue: le esclamazioni, gli accenti e i ritardi sono finemente cesellati, le parole si dispiegano con un senso del colore e delle variazioni di tempo eccezionali. Bardonnèche giustappone il suo talento di solista alla notevole intelligenza cameristica dell’ensemble. Concludiamo con un’apoteosi: la Sarabande e la Passacaille dalla raccolta Les Génies di Mademoiselle Duval - due forme brevi che combinano meravigliosamente l’espressività melodica e e la profondità del fraseggio. Un meritato Qobuzissime per queste donne Destinées.